Daniel Pleinview, un cercatore d'argento marchiato da una assoluta solitudine, si spezza le gambe nelle mine, si rialza, si converte a cercatore di petrolio, adotta un bambino di un minatore morto per farne una bambola utile a intenerire i contadini, se lo porta con sé, fino in una sperduta e arida landa ai confini con la California, dove un oceano di petrolio aspetta qualcuno che lo succhi via dalla terra. E qui affronta la sua nemesi, un predicatore fanatico con cui inizia un gioco di reciproche umiliazioni, per concludersi nel sangue dopo trent'anni.
Il petroliere, There will be blood il titolo originale, è forse il film più bello di questa stagione, per ora. Il petroliere è un ossimoro. Non è un film commerciale, ma è un film spettacolare. Non è un film di facile visione, ma incanta. E’ un film epico, e parla di affetti familiari. E’ un film di un alessitimico brutale, ed è carico di tenerezza. E’ un film costruito su grandiose visioni, e tratta della parola. E’ un film sul capitalismo su cui si fonda l’America e dunque il mondo, ma racconta trent’anni di vita di una sola persona. E’ un film sul confronto tra verità e menzogna, ma non ci sono narrazioni vere o false. Ci sono i corpi che si fanno terra, e si impastano nel fango e nel petrolio, ma è un film di idee. E’ un film grandioso e imperfetto, dunque lo amiamo.
C’è troppo. E il troppo disturba. C’è l’epopea di un uomo contro il mondo, c’è il confronto tra gli Dei e i loro portavoce per il controllo di altri uomini.
C’è la sempiterna lotta tra la religione di Dio e la religione del progresso, viste entrambe come strumenti di alienazione, ma tra le quali, alla fine, risulta facile scegliere. C’è la sovrumana potenza della terra e del tempo. C’è il doloroso confronto con il proprio passato, dal rifiuto alla nostalgia. Ci sono i fratelli, il tema del doppio. C’è lo sfruttamento dell’infanzia. C’è la tenerezza del rapporto paterno. C’è l’amicizia tradita. C’è la mancanza di senso, c’è la lucidità preveggente. Troppo.
E questo troppo per certuni è faticoso. Non per noi. Le due ore e trentotto corrono lasciandoci con gli occhi spalancati e la sensazione di assistere ad uno spettacolo raro.
Le montagne e i deserti sono stupefacenti e sublimi, schiacciano gli uomini nell’immensità dello spazio. Si susseguono quadri maestosi, dalle fiamme del pozzo alla visione del mare. I corpi diventano materia inerte, il sangue si mischia al petrolio e all’alcool e all’argilla e alla terra. Le parole diventano il vero punto focale: sono persuasione (il discorso del “venditore” Plainview è degno del monologo di Enrico V prima della battaglia di Azincourt), sono inganno nei sermoni del predicatore fanatico e sono dolore e amore nel mutismo del figlio e nella sua rassegnazione.
La meravigliosa colonna sonora, carica di ossessione e dolore, con le note sempre distoniche alle scene e mai didascaliche, accompagna la misantropia assoluta di Plainview e il suo cercare contraddittorio un legame al passato, alla radice, alla famiglia, in una vita che si è costruita fondata sulla sfida, nell’odio per l’umanità intera e nella rissa. La durezza brutale dei suoi rapporti si frastaglia nelle cure per un bambino che è insieme strumento per il successo e unico e disperato tratto di umanità e tenerezza.
Il finale, crudo e liberatorio, ha il sapore di un atto di giustizia: l'inquadratura di Daniel Day-Lewis rosso e ubriaco, strofinato e indurito, che osserva quasi ammirato le ultime bugie di un viscido Paul Dano rimarrà a lungo impressa nella retina.
Bellissimo. Non riesco a non pensarci. In confronto la malattia di JeanDo è la risata di un nano.
Il petroliere (There Will Be Blood)
Un film di Paul Thomas Anderson. Con Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin O'Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier, Colleen Foy. Genere Drammatico, colore 158 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Buena Vista
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